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Enzo Biagi ha detto di Don Milani: “Sicuramente la figura più rivoluzionaria del ‘900”. Anche da qui lo stimolo per EmmeA’ Teatro, alla ricerca di esempi da riportare a galla, da rimettere in circolo, da interrogare di nuovo, di affrontare la figura del priore di Barbiana. La sua storia, le lettere, le polemiche, la scuola di Barbiana, la morte, il “tradimento” del '68. Nello spettacolo investighiamo e raccontiamo la figura di Don Milani cercando di fuggire ogni deviazione agiografica. Ci basiamo sulle sue opere e sulle biografie disponibili. Proviamo a dare allo spettacolo un taglio leggero, per quanto il materiale permetta. C'è un che di lieve che ricerchiamo nei nostri lavori, pur seguendo spesso, come in questo caso, dei temi a pieno titolo “pesanti”. E' la nostra speranza. Per Don Milani quella lievità di fondo era il dono della fede in Dio. Per noi, è il dovere della speranza negli uomini. E nel teatro. Le due cose, a dire il vero, per noi, umilmente, coincidono. Il racconto ha una struttura semplice. Segue le tappe della sua vita (la conversione, il seminario, il primo incarico a San Donato di Calenzano, le polemiche, l'esilio a Barbiana, la scuola, la malattia, la morte). Inseguiamo Don Milani persona (il retaggio ebraico, la vanità, la durezza programmatica, l'ironia feroce e tipicamente fiorentina, l'estrema ricchezza della famiglia e le violente accuse ai ricchi, il rapporto con la madre, la pubblica difesa degli obbiettori di coscienza che gli costò la condanna – postuma - in appello, ecc...). Il tutto incastonato nella storia d'Italia dal dopoguerra all'albore del '68.